Il culto dell'Immacolata
La fondazione della confraternita e della chiesa
La devozione per l'Immacolata Concezione nel nostro paese ha origini remote. Già nel XVI secolo esisteva nella chiesa madre una cappella intitolata all'Immacolata, mentre una cronaca del Seicento conferma che a Calitri l'8 settembre era una ricorrenza sentita, nella quale si usava «prendere i Sagramenti». Nel 1710, sotto la guida dei Gesuiti della Congregazione del padre Pavone, fu fondata la confraternita dell'Immacolata Concezione; l'anno successivo, in una zona appena fuori paese, il «sierro di San Biase», iniziò la costruzione della chiesa, consacrata nel 1714 dall'arciprete don Giovanni Barrata.In origine la chiesa era composta da un'unica navata; nel 1729 fu voltata la cupola e dopo il terremoto del 1732 la costruzione fu restaurata e abbellita: furono aggiunte le navate laterali e vennero messi in opera il soffitto a cassettoni e un nuovo altare maggiore, al centro del quale trovò posto la statua della Vergine. La chiesa che vediamo oggi, molto diversa da quella originaria, fu innalzata dopo il terremoto del 1910 e rifatta più o meno nella stessa forma dopo il 1980. Della costruzione settecentesca è rimasto il portale in pietra calcarea, che richiama alcune opere napoletane di fine Seicento.
La statua e l'altare
Nel 1735 fu commissionata a uno scultore attivo a Napoli (forse Giacomo Colombo) la statua dell'Immacolata. L'opera, realizzata in legno di elce, segue un modello che ebbe grande diffusione in epoca barocca: Maria è raffigurata sul globo terrestre, incoronata da dodici stelle e circondata da cherubini, mentre schiaccia il serpente del peccato; ai suoi piedi compare la mezzaluna, simbolo del continuo cambiamento del mondo terreno. L'altare maggiore, in legno di tiglio, è opera di Baldàssare Abate, un artigiano che dalla Sicilia si era trasferito a Calitri. È diviso in tre scomparti da quattro colonne corinzie con fusti decorati da fogliami indorati e ospita al centro la statua della Vergine; ai lati, in due piccole nicchie, sono collocate le statuette in cartapesta di San Giuseppe e San Filippo Neri, acquistate nel 1747 a Napoli. Al centro, sotto la statua dell'Immacolata, c'è l'immagine stilizzata della terra di Calitri; l'architrave al di sopra delle colonne sorregge un complicato fastigio culminante in una grande corona sormontata dalla Croce. Ai lati della mensa si aprono le due porte che immettono al vano retrostante. Nell'area compresa tra la Campania e la Lucania altari simili non sono rari; uno dei più belli è conservato nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Lacedonia, altri si trovano a Forenza, a Genzano e a Savoia di Lucania, in provincia di Potenza 2
Padre Margotta e la devozione all'Immacolata
Calitri fu una delle terre che più subì l'influenza della congregazione del Santissimo Redentore, fondata nel 1731 da Sant'Alfonso Maria de Liguori. Il messaggio alfonsiano, semplice e schietto, incontrò un notevole successo tra gli strati più umili della popolazione, diffondendosi rapidamente in tutto il Regno di Napoli; la sua affermazione in Calitri si deve soprattutto al sacerdote Francesco Maria Margotta (1699-1764), uno dei primi padri spirituali della confraternita. Di famiglia benestante, padre Margotta si addottorò in giovanissima età in diritto civile ed ecclesiastico e da subito decise di dedicarsi al servizio della Chiesa. Egli visse proprio negli anni in cui i missionari Gesuiti giravano le province del Regno per promuovere la devozione verso l'Immacolata Concezione e non è difficile immaginare che la prima parte della sua vita si sia svolta sotto l'influenza della Vergine di Calitri; aveva 11 anni quando fu fondata la confraternita calitrana e ne aveva 15 quando fu aperta la chiesa.Monsignor Nicolai, arcivescovo di Conza, lo nominò vicario generale e poi rettore del seminario, ma all'età di 48 anni il religioso calitrano decise di rinunciare a ogni carica ed entrò da novizio nella congregazione del Redentore. Fu amico di Sant'Alfonso e di San Gerardo e donò tutte le sue ricchezze, tra cui il palazzo di famiglia, per finanziare la costruzione della casa di Materdomini, della quale in seguito fu rettore; morì a Napoli in concetto di santità e fu sepolto a Pagani. Si debbono a padre Margotta molte delle tradizioni religiose del nostro paese. Nel periodo in cui fu padre spirituale della confraternita commissionò la statua e l'altare che tuttora si vedono in chiesa; istituì, insieme al sacerdote don Angelo Gervasi senior, la processione del Venerdì Santo e contribuì a diffondere presso il popolo le canzoni scritte da Sant'Alfonso, che costituiscono ancora oggi gran parte del repertorio sacro calitrano. Un manoscritto settecentesco racconta che il gesuita Francesco Pepe, un celebre predicatore napoletano particolarmente devoto alla Vergine Immacolata, aveva avuto occasione di conoscere di persona padre Margotta e ne aveva parlato molto bene nelle sue omelie, come dimostra il seguente brano:
«Nella terra di Calitri si è eretta una congregazione in onor dell'Immacolata Concezione sotto la direzione del reverendo sacerdote Francesco Maria Margotta, edificante per la sua esemplare pietà, amore e divozione alla gran Madre. È ella situata fuor dell'abitato: una mattina fu trovata aperta forzatamente e trovossi fatto un bottino di quanto si conservava in quella di più prezioso in argento e altre suppellettili, per fino smossa un poco la corona di 12 stelle di argento sopra la statua; ma nulla però vi mancava, che anzi trovossi un fiasco pieno di vino. Tutti conobbero la protezione di Maria in custodirsi il suo santuario senza però sapere il come. Passato un anno, un uomo, che probabilmente si suppose essere stato uno de' ladri, si abbatté in uno di quella terra, e udito il di lui paese, gli disse: voi avete quella cappella tanto maravigliosa e narrogli come fusse accaduto ad altri come portatisi di notte i ladri per rubarla e, preso molto, facevano violenza per rapire la corona, quando uscì una voce dalla statua che disse: finitela, altrimenti vi farò divorare da questo dragone. Preme sotto a' pie' la statua un dragone. In tal modo difese la divina Madre il luogo a lei consagrato, perché atterriti gli empii si diedero alla fuga. Questa divina Madre, siccome è terribile a' nemici, così mostrasi favorevole a' suoi divoti. Nella festa del 1738 i congregati vollero celebrarla con più di pompa, per lo ché eressero una nicchia più alta e bene adorna per collocarvi la statua. Erano tre soli, e la statua è di legno molto pesante; perché, oltre la grandezza, è sostenuta da una base con un gruppo di molti angioli e con un dragone sotto i piedi della divina Madre; pure, fidati nella gran Signora, vollero essi riporre la statua nella nicchia, la quale con somma maraviglia divenne loro leggiera, a guisa di una piuma. È molto cresciuta la divozione in questo luogo alla Immacolata Madre; onde in tutti i bisogni sotto questo titolo la invocano e la misericordiosissima Madre concorre colla loro fede con moltissime grazie».
Il brano riportato, scritto nel 1744, costituisce una testimonianza molto importante sui primi anni di vita della confraternita calitrana: sottolinea il grande aiuto prestato da padre Margotta al pio sodalizio e permette di fissare al 1738 l'anno di costruzione dell'altare maggiore, ma soprattutto attesta che tra i nostri antenati la devozione verso la Vergine era «molto cresciuta» e che nel giro di pochi anni la fama dell'Immacolata Concezione di Calitri si era diffusa anche nelle terre vicine, fino a giungere alla capitale del Regno.